Molto
probabilmente è il progetto di macchina volante più progredito che
Leonardo abbia mai elaborato.
Leonardo ne indica le dimensioni, descrive come posizionarne il baricentro, specifica quali materiali utilizzare e quali evitare (come ad esempio i metalli). E non si limita al solo aspetto costruttivo: spiega chiaramente il modo in cui la macchina deve essere pilotata.
La scoperta del Grande Nibbio è iniziata con l'analisi di un piccolo disegno del foglio 17v, non descritto nel testo del Codice. Si tratta di una vista frontale dell'abitacolo e rappresenta la chiave di lettura dell'intero progetto. La macchina raggiungeva un'apertura alare di circa trenta braccia, equivalente a circa 18 metri. Le grandi ali si innestavano ai lati dell'abitacolo che ospitava il pilota in posizione verticale, seduto su una sorta di seggiolino. Le braccia e le gambe del pilota manovravano le ali – completamente articolate - che replicavano il movimento delle ali di un uccello nella sua complessità. Il pilota poteva controllare anche la coda, collegata con alcuni tiranti alla parte centrale dell'abitacolo, attraverso i movimenti del busto.
Leonardo, in questa fase dei suoi studi, ha ben compreso che la potenza muscolare dell'uomo è insufficiente e inadatta al volo battente tipico dei piccoli uccelli. Infatti il Grande Nibbio imita il volo planato dei grandi volatili.
Leonardo credeva fermamente in questo progetto e sognava di vedere la sua macchina volante librarsi nei cieli. Tanto che, sull'ultima pagina del Codice, si congeda con questa celebre frase:
Leonardo ne indica le dimensioni, descrive come posizionarne il baricentro, specifica quali materiali utilizzare e quali evitare (come ad esempio i metalli). E non si limita al solo aspetto costruttivo: spiega chiaramente il modo in cui la macchina deve essere pilotata.
La scoperta del Grande Nibbio è iniziata con l'analisi di un piccolo disegno del foglio 17v, non descritto nel testo del Codice. Si tratta di una vista frontale dell'abitacolo e rappresenta la chiave di lettura dell'intero progetto. La macchina raggiungeva un'apertura alare di circa trenta braccia, equivalente a circa 18 metri. Le grandi ali si innestavano ai lati dell'abitacolo che ospitava il pilota in posizione verticale, seduto su una sorta di seggiolino. Le braccia e le gambe del pilota manovravano le ali – completamente articolate - che replicavano il movimento delle ali di un uccello nella sua complessità. Il pilota poteva controllare anche la coda, collegata con alcuni tiranti alla parte centrale dell'abitacolo, attraverso i movimenti del busto.
Leonardo, in questa fase dei suoi studi, ha ben compreso che la potenza muscolare dell'uomo è insufficiente e inadatta al volo battente tipico dei piccoli uccelli. Infatti il Grande Nibbio imita il volo planato dei grandi volatili.
Leonardo credeva fermamente in questo progetto e sognava di vedere la sua macchina volante librarsi nei cieli. Tanto che, sull'ultima pagina del Codice, si congeda con questa celebre frase:
Piglierà il primo volo il grande uccello, sopra del dosso del suo magno cecero, empiendo l'universo di stupore, di sua fama tutte le scritture e gloria eterna il nido dove nacque.